BIENNALE DI VENEZIA. Benvenuti in Italia: qui è un gran bazar!




L'Italia è un guazzabuglio di creatività? Al grido di L'Arte non è Cosa Nostra, duecento esponenti del mondo della cultura (invece che i soliti noti appartenenti al mondo del sistema dell'arte contemporanea) hanno scelto le opere da esporre nel Padiglione Italia alla 54° Biennale “perché – dice Sgarbi - se è vero che l'arte è “linguaggio e pensiero” - proprio loro dovrebbero “essere in grado di comunicare almeno con l'ambito in cui [l'arte] pretenderebbe di essere collocata”.
Una sorta di democratizzazione dell'arte, sicuramente un modo per fare e comunicare altro, indubbiamente una novità scomoda.



Che la creatività e la capacità degli italiani siano invidiate in tutto il mondo, come del resto altre cose (le bellezze artistiche, frutto delle qualità predette, e quelle paesaggistiche, frutto del buon Dio) è ormai un 'topos' e non solo letterario, ma che queste spesso siano accompagnate da caos e da improvvisazione lo è, forse, ancora di più.
Quali polemiche allora sul Padiglione Italia se questo, per la prima volta nella storia della Biennale, rispecchia qualità e limiti della nostra Bella Italia?
Finalmente un curatore che 'non cura' ma che mostra le cose come stanno. Ci voleva Sgarbi, insomma?
Il Padiglione Italia fa l'effetto di un bazar e come in tutti i bazar che si rispettino, all'inizio si fa un po' fatica nella scelta. Sono entrata nella bottega di un noto artigiano, sostenitore che un quadro bello senza una bella cornice è senz'altro meno bello - come una bella donna a cui manchi un bel vestito! - oppure in una stanza privata dove un folle collezionista ha messo alla rinfusa dipinti, foto, cornici (appunto), e quant'altro scelti in un momento di pura follia?



In un momento (questo) dove chi ha rifiutato di partecipare al Padiglione Italia si sente “in” e chi c'è si sente “out”, do il mio contributo per non sprecare le nostre italiche risorse e le nostre italiche bellezze andando a vedere solamente i padiglioni 'stranieri' – in Italia è duro a morire il detto: l'erba del vicino è sempre più verde – trovandoli più belli del nostro.




E se proprio vogliamo cercare un antecedente storico, pensiamo a Sgarbi come a Napoleone III quando, nel 1863, organizzò il Salon des Refusés in cui furono esposte le opere di quegli artisti (tra essi vi erano Manet, Monet, Pissarro) rifiutate – ed erano oltre 3000 - dal Salon “ufficiale” ovvero quello dell' Académie des beaux-arts di Parigi.

Giovanna M. Carli
Immagini di Claudio Tàfani
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