I segreti di una mostra di straordinario successo? Il numero due, parola di Armanda Gori Arte




Si è inaugurata sabato 11 luglio 2015, alle ore 18, la mostra Beatrice Gallori / Giorgio Laveri, Microscope / Macroscope, a cura di Leonardo Marchi e di Luca Giovannelli, presso lo Spazio Espositivo Armanda Gori Arte, a Pietrasanta. 

Alla vernice erano presenti oltre trecento persone. Importante, quindi, il segnale di interesse verso la Galleria e verso gli artisti Beatrice Gallori Art e Giorgio Laveri le cui opere sono state notevolmente apprezzate. "Gli autori - commenta Leonardo Marchi, uno dei curatori della mostra nonché responsabile dell'organizzazione espositiva e artistica - si sono concessi ai visitatori con molto entusiasmo: foto e dediche personalizzate! La ricerca intrapresa dalla Galleria di presentare autori storicizzati insieme a giovani artisti è la strada giusta. Siamo, infatti, soddisfatti della risposta positiva e delle tante recensioni avute sia dagli addetti ai lavori che dalle riviste del settore".


Beatrice Gallori (nelle parole di Valerio Dehò)
La ricerca sull'astrazione di Beatrice Gallori arriva ad un momento importante che in un certo modo sintetizza le opere degli anni precedenti e dà loro una visione e una lettura più profonda in chiave organicista. E’ come se l’artista avesse sviluppato una forma di autoanalisi formale alla fine della quale ha trovato  che le estroflessioni, le “bolle” realizzate con la sua tecnica particolare tendessero verso una spiegazione in chiave metaforicamente biologica. Si tratta di andare verso i “mattoni” della materia, verso le cellule come costituenti ultimi della vita. Naturalmente questa ricerca che mette insieme i concetti di forma e di crescita, ha sviluppi differenti anche a seconda delle tecniche adoperate.


Nei lavori su polimero le cellule sono o libere di espandersi e muoversi così come sono oppure sono i pannelli stessi in plexiglas che diventano forme cellulare, accogliendo specularmente come calchi l’estroflessione del pannello. Niente è comunque fissato o stabilito, l’andare delle cellule verso i bordi del supporto indicano una vettorialità che sta a significare tutta la loro vitalità. Si avverte un tentativo di controllare l’incontrollabile, di dare limiti a ciò che tende a non averne. Il confronto  avviene anche sul piano di alcune forme che non sono concluse e sferiche, ma sembrano in formazione, non complete o in fase di non completa perfezione. La Gallori dà valore alla diversità, non costruisce un mondo ordinato e preciso, ma racconta l’eterogeneità dell’organico, le diverse potenzialità della vita.


I lavori su tela è come se proseguissero questo racconto perché le cellule si assemblano, convivono, creano altri organismi. Questa loro organizzazione rispetta la loro natura, ma consiste anche nel mettere in luce il movimento di attrazione e repulsione, di amore e odio che il filosofo Empedocle di Agrigento del V sec. dopo Cristo, metteva all’origine della costituzione dell’universo.   Questo movimento non è quindi fine a se stesso, ma la Gallori lo colloca in un contesto di riflessione tra arte e biologia.


Inoltre Il concetto di crescita introduce la considerazione della variabile temporale all'interno dell'analisi delle forme. 


Giorgio Laveri (nelle parole di Valerio Dehò)
Giorgio Laveri parte dalla propria esperienza, dal proprio vissuto di sperimentatore di linguaggi, di scenografo, di artefice di visioni per glorificare dagli anni ottanta ciò che vi è più comune, caffettiere, ciliegie, rossetti, penne stilo attraverso una tecnica antica e mediterranea: la ceramica smaltata. Questo vuol dire che non rinuncia affatto alla tradizione e che è lontano da una concezione americana alla Jeff Koons per cui il fuori scala diventa l’iperbole del sogno americano della commodity art integrata con gli spazi metropolitani. Laveri riparte da Albisola, da quella grande palestra  di arte e storia che negli anni cinquanta ha segnato una delle storie italiane nel mondo più straordinarie, in cui hanno operato artisti come Lucio Fontana, Bruno Munari, Leoncillo, i Basaldella, fino a Guy Debord e il Situazionismo.



 Infatti Laveri  vive sempre la sua mediterraneità, è nato proprio a Savona, come un eredità a cui non si può rinunciare senza perdere energia e spirito identitario. Dalla Magna Grecia all’arte contemporanea la ceramica smaltata celebra il fuoco, il calore, il colore, il sole.


Per questo le sculture di Giorgio Laveri se ricordano inevitabilmente altre stagioni artistiche, hanno una totale autonomia perché propongono un’arte priva di condizionamenti, leggera nella sua profonda ironia e consapevolezza. I grandi giocattoli colorati, i rossetti della serie “Truka” in cui nel titolo si evoca una macchina per effetti visivi before photoshop e naturalmente il trucco femminile, le caffettiere variamente bucate o aperte con un apriscatole, le pistole e le ormai mitiche ciliegie, sono un repertorio in cui conta la meraviglia e il gioco intellettuale oltre che visivo.


 Laveri non esagera con il fuori scala, la ceramica resta tale e continua ad essere una straordinaria materia che produce gli oggetti che abbiamo intorno. E poi i colori. La loro densità, le variazioni, la liquidità degli smalti che sembra rendere viventi le forme, sono argomenti di grande attrazione. Per criticare il consumismo bisogna portarlo alle sue estreme conseguenze, costruire oggetti sempre più belli e strani, viverli con ironia e seduttività estetica: la bellezza deve sempre essere a portata di mano.


La mostra continua fino al 12 agosto 2015, con il seguente orario da martedì a domenica ore 18-24. Ingresso libero. (Fonte: Ufficio stampa ARSARTISPRESS e LIA PARDI PRESS, Arte Pensiero Persone).

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